mercoledì 16 marzo 2011

Fratelli (coltelli?) d’Italia


L'Unità autentica e duratura della Nazione si realizza sulla pari dignità e su uguali opportunità e identici diritti-doveri per tutti i cittadini e per tutti i territori. E' la nostra bellissima Costituzione ad affermarlo nei principi contenuti negli articoli 2, 3, 4 e 5.
Principi costituzionali costantemente traditi poiché inattuati soprattutto a Sud d’Italia, elusi da ancor prima, per un totale ormai di centocinquanta lunghi anni.
Insigni economisti e meridionalisti ne hanno riempito intere biblioteche, tratteggiando lo sfruttamento e la depredazione che il Sud ha subito a beneficio di altre aree del Paese.
Una spoliazione sistematica di risorse resa possibile dalla connivenza di una mendicante classe politica meridionale che, con qualche fulgida ed isolata eccezione, ha sempre sostenuto gli interessi dei grandi gruppi industriali del Nord e delle caste che, in ogni parte d’Italia, godono di privilegi e di enormi rendite parassitarie di posizione.  
Strozzando, di fatto, la gracile economia legale del Sud e pregiudicando i diritti fondamentali dei cittadini meridionali meno abbienti.
Recentemente, grazie al coraggioso e documentato libro di Pino Aprile (“Terroni”), è stata portata all’attenzione di un più vasto pubblico la logica annessionistica e colonialista dei Savoia, comprovata dalle migliaia di eccidi compiuti dalle truppe piemontesi. Un libro denso di date, numeri, scenari che svelano verità storiche accuratamente e sistematicamente trascurate dai testi adottati nelle scuole, ma che, anche per questo “insabbiamento”, non possono che suscitare indignazione.
E che rafforzano la convinzione che per noi meridionali è giunto il momento di rialzare la testa e pretendere con forza dallo Stato pari dignità e pari opportunità rispetto a tutti gli altri cittadini italiani.
Altra strada per la realizzazione di una vera Unità Nazionale semplicemente e seriamente non esiste. Di certo non è un percorso semplice, considerato che la classe politica meridionale - che governa negli enti locali e che siede in Parlamento – sta già utilizzando il federalismo in via di approvazione come l'ennesima occasione di depauperamento del Sud.
Il rischio di restare colonia del centro-nord d’Italia per i prossimi 150 anni è, quindi, altissimo.
Sarà possibile scongiurarlo solo se ciascun meridionale saprà ritrovare il coraggio di riaffermare, accanto ai propri doveri, i propri inalienabili diritti (salute ed integrità ambientale su tutti), ritrovando la dignità e l’orgoglio delle proprie origini e della propria terra, lontano, però, dal becero razzismo della Lega e dall’imbelle complicità di quei partiti che ne hanno bisogno per governare il Paese.
Una credibile identità nazionale di cittadino italiano (e del connesso senso di appartenenza alla Patria comune) è impossibile se, prima, non si permette il completo risveglio dell’autentica identità “meridionale”.
Identità deflagrate all’unisono per l'assenza dello Stato al Sud: un’assenza che si manifesta nel terribile divario Nord-Sud che segna la vita quotidiana di tutti i meridionali. Soprattutto non facoltosi. Voragini che continuano a fare del Sud (pensiamo alla nostra Basilicata) una terra di emigrazione (per lavoro, per salute, per istruzione, per necessità) e di sfruttamento.
Terra senza speranza e priva di identità? Solo politici autenticamente meridionali, ma sopratutto con la schiena diritta, potranno ottenere da Roma ed dal centro-Nord ciò che questi mai concederanno spontaneamente. In caso contrario, i centocinquanta anni di "minorità" economica, politica e strutturale che sono alle nostre spalle, si riproporranno anche in futuro.
I cittadini del Centro-Nord e i cittadini del Sud resteranno fratelli “coltelli” e non “gemelli” d’Italia.
Al di là dell’incessante tambureggiamento della stucchevole retorica celebrativa, il 17 marzo sarebbe significativo per un meridionale festeggiare “il buon senso di tutti quegli uomini e donne che, nonostante le forzature subite, le migrazioni sopportate, ogni giorno creano unione e cammino comune attraverso i problemi che la vita quotidiana pone o attraverso relazioni di solidarietà che si intrecciano e creano speranze.  E' questa l'Unità. Ogni popolo ha una terra-madre a cui non può essere sottratto per arbitrio altrui” (dalla lettera di Margherita Gaudiuso, meridionale emigrata da qualche decennio a Bolzano, pubblicata  a gennaio scorso sul “Corriere dell' Alto Adige”).

Francesco Filippetti

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